Scritto da admin il settembre - 1 - 2010

Le attese iniziarono nell’agosto del 1985. Quell’estate, le riviste automobilistiche tedesche cominciarono a far salire l’attesa dei loro lettori per la BMW Serie 3 più veloce di tutti i tempi. I dati salienti facevano presagire un’auto sportiva che sarebbe stata ben al di sopra della sua classe: 200 CV, velocità massima superiore ai 230 km/h, accelerazione da fermo a 100 km/h in 6,7 secondi o meno. Tuttavia, le notizie indicavano che “i guidatori più dinamici della BMW Serie 3” avrebbero dovuto aspettare fino a metà del 1986. I commentatori avevano visto giusto su quell’attesa. Ma una previsione era totalmente sbagliata: chiunque “volesse appartenere al team di serie A avrebbe dovuto disporre di un motore turbocompresso”. Non era vero. La BMW M3 divenne l’auto turismo di maggiore successo nella storia dell’automobilismo sportivo.

Il progetto M3 era stato lanciato soltanto pochi mesi prima. La produzione dell’auto sportiva M1 con motore centrale era già stata sospesa da tempo e il CEO di BMW, Eberhard Von Kuenheim, commissionò – quasi casualmente, secondo la leggenda – un progetto per l’auto che l’avrebbe sostituita. Dopo una delle sue normali visite alla Motorsport GmbH in Preussenstrasse a Monaco, mentre si avviava verso la porta, disse: “Sig. Rosche, ci serve un motore sportivo per la Serie 3”. Le sue aspirazioni erano in buone mani. Con il suo responsabile dello sviluppo tecnico Paul Rosche, la Motorsport GmbH aveva dimostrato le sue competenze con le leggendarie Serie 5 berline spinte da propulsori M, nonché con il motore turbocompresso per la Formula Uno che portò il pilota brasiliano Nelson Piquet al titolo mondiale del 1983 al volante di una Brabham BMW.

Motorizzazione: propulsore quattro cilindri di 2,3 litri con quattro valvole
per cilindro

Il nuovo motore della Serie 3 aveva qualcosa in comune con quello: il basamento. Nasceva dalla produzione in serie ed effettivamente costituiva la base per il motore due litri quattro cilindri. Quattro cilindri significavano meno peso e maggiore coppia, una piattaforma ideale per un motore sportivo nella classe di cilindrata desiderata. Naturalmente, il quattro cilindri di serie era troppo docile per diventare un motore sportivo. Ci voleva un’iniezione di potenza per trasformare il coraggioso cavallo da lavoro in un puledro atletico e sportivo. Gli ingegneri progettisti di BMW aumentarono la cilindrata a 2,3 litri e applicarono una formula che aveva già avuto successo: quattro valvole per cilindro. C’era anche un’altra ragione per la decisione di adottare un quattro cilindri e non il sei cilindri introdotto sulla BMW Serie 3. L’albero più lungo del motore sei cilindri iniziava a vibrare molto prima di quello più corto del quattro cilindri. Gli ingegneri quindi progettarono l’albero motore della BMW M3 con una stabilità torsionale sufficiente per arrivare a 10.000 giri al minuto ed oltre. Rispetto al motore quattro cilindri montato sui veicoli di serie, ciò rappresentava un aumento di oltre il 60 percento. La velocità per la versione stradale della BMW M3 era ancora significativamente al di sotto dell’intervallo critico a 6.750 giri/min e quindi offriva ampio spazio per ulteriori sviluppi.

Come ricorda Paul Rosche: “Iniziammo immediatamente a lavorare. Un vantaggio era che il grande sei cilindri aveva originariamente la stessa distanza tra i cilindri di quella del motore a quattro cilindri. Tagliammo quindi due camere di combustione dalla testa del sei cilindri della M88 e imbullonammo un pannello per coprire il buco sulla parte posteriore”. Ciò significava che il nuovo motore quattro cilindri aveva un secondo ‘progenitore’: il sei cilindri che aveva inizialmente fatto scalpore sulla M1 e che, nel frattempo, aveva trasformato la M635CSi in una delle coupé più veloci del mondo. Paul Rosche continua il suo racconto: “Ci crediate o no, avevamo creato un eccezionale motore quattro cilindri per la Serie 3 nel giro di due settimane. Identificato durante lo sviluppo col nome S14, questo motore era destinato a lasciare un segno nello sport e nella produzione in serie negli anni a venire. Una domenica, guidai l’auto fin sotto casa di von Kuenheim, dove gliela consegnai per fare un giro di prova. Quando tornò, mi disse: ‘Bene. Mi piace’. E così nacque l’M3”.

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A differenza dell’auto sportiva con motore centrale, la nuova BMW M3 non sarebbe stata costruita a mano in pochi esemplari. Questa vettura sarebbe stata prodotta come automobile di grande serie su una catena di assemblaggio. Era destinata a competere in gare automobilistiche turismo derivate dalla produzione, o più precisamente come auto da corsa Gruppo A, definita come “produzione”, di cui devono essere costruiti almeno 5.000 esemplari nello spazio di dodici mesi consecutivi, secondo l’allegato ‘J’ dei regolamenti automobilistici sportivi internazionali. Naturalmente, ciò significava che l’M3 doveva essere in grado di essere utilizzata per l’uso stradale quotidiano.

Emissioni pulite: sistema sviluppato fin dall’inizio per funzionare con un convertitore catalitico

Nella primavera del 1985, non era questa la sola sfida che dovevano affrontare gli specialisti del motore. Se l’M3 era destinata a diventare un’auto sportiva all’avanguardia, questo doveva valere per più discipline possibili, comprese le emissioni. Il motore a quattro cilindri fu sviluppato fin dall’inizio per poter facilmente montare un convertitore catalitico a tre vie. Questo approccio coinvolgeva BMW in un altro esercizio di pubbliche relazioni, poiché all’epoca la benzina senza piombo non aveva esattamente la reputazione di soddisfare le aspettative di durata di motori ad elevate prestazioni. Un altro fattore era che i convertitori catalitici da applicare soffocavano in maniera significativa lo sviluppo di potenza in alcune vetture. L’M3 dimostrò che c’era un altro modo per affrontare il problema. Lo sviluppo di convertitori catalitici era ancora alle prime armi, tuttavia la Serie 3 sportiva sviluppava una potenza senza uguali di 143 kW o 195 CV.

Prove al Nürburgring

Non c’è gioia senza dolore – lo sperimentarono i progettisti della BMW M3 durante le prove iniziali. Sebbene il motore dimostrasse di essere all’altezza senza alcun malfunzionamento, era evidente che il sistema di scarico non riusciva a digerire tutto ciò che veniva immesso nel collettore dal potente propulsore ad elevate prestazioni. I tubi si lesionavano e ciò diede notti insonni ai responsabili dello sviluppo. Venne fuori che questi problemi erano causati dalle altissime temperature dei gas di scarico quando il motore funzionava a pieno regime. Le prove sulla ‘north loop’ del Nürburgring erano particolarmente severe per i materiali ed il sistema di scarico ad alte prestazioni diventava così caldo che si dilatava fino a 25 mm deformandosi nei punti di attacco. Questo problema fu risolto presto con una soluzione decisamente poco spettacolare: un semplice set di diverse rondelle che consentiva un gioco maggiore. Il veicolo era ormai pronto a decollare ed i collaudatori di BMW Motorsport GmbH lo dimostrarono con una prestazione impressionante sul circuito ad alta velocità di Nardò (Italia). Il sistema di scarico resistette alla prova così come tutte le altre componenti della vettura.

Prima mondiale al Salone di Francoforte del 1985

Nello stand BMW del Salone dell’auto di Francoforte nell’autunno del 1985, l’M3 fu presentata per la prima volta ad un pubblico più ampio. Anche senza una particolare verniciatura, non era difficile distinguere la vettura dalle altre auto della BMW Serie 3. Il bagagliaio era attraversato da uno spoiler per tutta la sua larghezza. Appendici tutt’intorno testimoniavano il raffinato lavoro aerodinamico che era stato condotto sulla carrozzeria. Il montante C della BMW M3 era leggermente più largo di quello del modello di serie e presentava una rastremazione più piatta per non interrompere il flusso d’aria sul bordo del tetto ed allo stesso tempo dirigerlo più efficacemente verso lo spoiler posteriore. Voluminosi parafanghi spuntavano sulle larghe ruote dell’M3, con i passaruota svasati che terminavano in un orlo al di sotto dei margini delle ali. Non c’era dubbio – la BMW M3 sembrava veloce anche da ferma in mostra su una piattaforma.

Tuttavia, collaudatori e clienti avrebbero dovuto pazientare almeno altri sei mesi. Nella primavera del 1986, le prime auto pre-serie erano pronte e l’M3 fu presentata alla stampa in un luogo adeguato come il circuito del Mugello. I collaudatori fecero capire che il profilo aerodinamico dell’M3 era riduttivo piuttosto che un’esagerazione: una tecnologia da corsa di altissima qualità si nascondeva sotto la possente carrozzeria. La cinematica degli assali, le sospensioni e gli ammortizzatori erano stati cambiati. Il sistema frenante con l’ABS di serie comprendeva dischi anteriori ventilati e pompa ad alta pressione azionata dal motore. Questa pompa servoassistita serviva anche lo sterzo, così che entrambi i sistemi potessero funzionare indipendentemente dalla pressione negativa del motore.

La BMW M3 pesava a secco appena 1.200 chilogrammi e quindi rimaneva un’auto sportiva leggera. Il rapporto peso/potenza di soltanto 6,15 kg/CV rappresentava un valore estremamente significativo anche per gli standard odierni. Ciò era dovuto principalmente all’utilizzo di componenti in plastica. Sebbene la carrozzeria, compresi gli ampi parafanghi, fosse di metallo per mantenere la tradizione, i paraurti anteriore e posteriore, nonché le soglie laterali, il cofano bagagli e gli spoiler erano tutti realizzati in plastica.

235 km/h di velocità massima a 58 mila marchi

Il raffinato lavoro aerodinamico era premiato con un eccezionale coefficiente aerodinamico di 0,33 cW. La portanza sull’assale anteriore era circa la metà di quella degli altri modelli due porte della Serie 3. La grande ala posteriore riduceva la portanza sull’asse posteriore di circa due terzi. Ciò era evidente al guidatore attraverso la percezione di una notevolmente accresciuta stabilità di marcia e per via di caratteristiche di sterzo più precise alle altissime velocità. Infatti, l’M3 standard raggiungeva la velocità massima di 230 km/h con il convertitore catalitico e 235 km/h senza. Eppure era relativamente parca nei consumi. Utilizzando la formula Euromix del tempo, a velocità di 80, 120 e nel ciclo urbano, l’M3 consumava molto meno di nove litri di benzina super ogni 100 km. Tuttavia, questa potenza aveva un prezzo: un’M3 costava, al momento del lancio nel 1986, 58 mila marchi. Per fare un confronto, la 325i cabrio, con 43.300 marchi, era la BMW Serie 3 più vicina sul listino prezzi.

Ciò nonostante, trovare clienti per il volume richiesto di 5.000 veicoli non fu un problema. Nell’estate del 1986, molto prima che le consegne iniziassero, i contratti di acquisto per l’M3 venivano offerti, sulle pagine pubblicitarie, ad un prezzo premium. In effetti, soltanto nel 1987 tutte le 5.000 unità della prima M3 furono riunite nel parcheggio BMW di Monaco-Freimann per una foto di famiglia prima della spedizione in tutto il mondo.

300 CV per le competizioni

Molte delle 5.000 M3 prodotte scomparvero presto in garage ed officine per ricevere un nuovo allestimento. Dopotutto, l’M3 era stata progettata come auto da corsa ed era arrivato il momento per dimostrare che poteva realmente gareggiare. Un Campionato mondiale per auto da turismo fu creato per la prima volta nel 1987. Ed era proprio per quello che era stata costruita la BMW M3 – ma non esattamente uguale a quella che si vedeva girare per le strade. Invece di 200 CV, il motore 2,3 litri erogava fino a 300 CV a 8.200 giri/min. in versione da gara. Questo la pose alla pari con la BMW M635CSi. BMW non si presentò alla partenza con un team proprio ma appoggiava diverse famose scuderie come Schnitzer, Linder, Zackspeed e Bigazzi. Piloti come Markus Oestreich, Christian Danner, Roberto Ravaglia e Wilfried Vogt presero il volante, mentre Anette Meeuvissen e Mercedes Stermitz formavano un team al femminile.

Roberto Ravaglia su BMW M3: primo ed ultimo campione del mondo turismo

La prima gara del Campionato mondiale per auto da turismo 1987 fu disputata a Monza il 22 marzo e terminò con una sorpresa. Tutte le M3 furono escluse dai piazzamenti. Le vetture furono controllate in condizioni caotiche e squalificate a causa degli spessori della lamiera, che a quanto si diceva non erano conformi ai regolamenti. BMW fece appello, ma il tribunale sportivo decise che l’appello era stato presentato troppo tardi. Non si parlò più di infrazione dei regolamenti. Naturalmente, tutta questa confusione non ebbe nessun effetto sull’esito del campionato. Alla fine della stagione, Roberto Ravaglia salì sul podio come primo campione mondiale turismo. Ma ciò rappresentava soltanto l’apice dell’elenco di successi. Wilfried Vogt vinse il titolo di campione europeo con Altfried Heger al secondo posto – entrambi al volante di una BMW M3. Eric van de Poele vinse il prestigioso Campionato turismo tedesco. Inoltre, l’auto più sportiva della Serie 3 vinceva competizioni anche fuori dai circuiti. Un’M3 tagliò la linea del traguardo al primo posto nel Rally di Corsica e assicurò una vittoria per BMW dopo un intervallo di 14 anni in una gara per il Campionato mondiale Rally.

“La berlina più sportiva dell’anno”

Il pubblico più competente premiò la storia di successi della nuova auto. I lettori della rivista specializzata “Sport Auto” votarono l’M3 “la berlina più sportiva dell’anno”. La Serie 3 supersportiva divenne sempre più desiderata anche nella versione stradale. Nel 1987 fu equipaggiata con ammortizzatori regolabili elettronicamente. I guidatori avevano un pomello accanto alla leva del freno a mano che permetteva loro di scegliere tra regolazione sportiva, normale e confort. Spie luminose sul cruscotto indicavano la regolazione scelta.

La resistenza e l’elasticità del motore quattro cilindri nelle difficili condizioni dei circuiti premiarono i clienti privati con due offerte molto speciali nel 1988. BMW creò una serie esclusiva di auto M3 ancora più potenti con il suffisso “Evo”, che stava a significare ‘Evoluzione’. Facile da individuare grazie agli spoiler ancora più pronunciati, questa M3 speciale montò un motore da 220 CV, mentre la versione “cat” della M3 standard sviluppava 215 CV. Questo secondo pacchetto era destinato ad una cerchia di clienti molto speciali, in quanto era una M3 basata sulla Serie 3 Cabrio. La Cabrio da 215 CV arrivava ad una velocità massima di 239 km/h ed era di gran lunga la più veloce quattro posti scoperta che si potesse trovare in produzione di serie, seppur limitata.

La 24 Ore: doppietta della M3 al Nürburgring

Nel frattempo, la BMW M3 andava sempre meglio in pista. La due porte non si limitò a vincere il Campionato turismo tedesco; vinse anche i titoli nazionali in Francia, Inghilterra e in Italia. L’anno successivo, la BMW da corsa era sempre difficile da battere. L’M3 da 300 CV sconfisse a mani basse i suoi rivali del campionato turismo in Germania, Belgio, Olanda, Francia, Italia, Finlandia, Spagna, Svezia e Yugoslavia. Il pilota belga Marc Duez partecipò al Rally di Montecarlo con una M3, ottenendo un ottavo posto come migliore pilota con una vettura non a quattro ruote motrici. Altfried Heger e Roberto Ravaglia coronarono la storia di successo con una sensazionale doppietta alla 24 Ore del Nürburgring.

 

Versioni speciali: Sport Evo e 320is

Per cinque anni l’M3 è stata una presenza imponente nel panorama delle corse internazionali delle auto turismo. Divenne l’auto turismo di maggiore successo in assoluto, vincendo diverse volte il titolo europeo e due volte quello tedesco. Vi furono anche numerose altre vittorie e titoli a livello internazionale. A seconda dei regolamenti delle competizioni nelle singole nazioni, bisognava adattare il motore quattro valvole. Per esempio, in Inghilterra la cilindrata era limitata a 2 litri, mentre in Germania e Francia il limite fu aumentato a 2,5 litri dal 1990 in poi. Ciò consentì al motore quattro cilindri di erogare fino a 360 CV. A seconda della versione e del profilo adoperato, variavano anche la gestione del motore e quella della miscela. Le prese d’aria erano gestite da valvole a farfalla indipendenti e da sistemi di controllo delle valvole. Nella versione con la maggiore cilindrata, gli ingegneri di BMW M GmbH si avventurarono oltre i limiti del fattibile. Per poter sfruttare appieno il limite di 2,5 litri, non aumentarono soltanto la corsa del motore 2,3 litri da 84 a 87 mm, ma anche l’alesaggio del quattro cilindri da 93,4 mm a 95,5 mm. Questa operazione riduceva lo spazio tra i cilindri ad appena 4,5 mm. Ma il successo dimostrò la bontà dell’operazione. I motori resistettero senza problemi agli stress e alle sollecitazioni delle gare turismo anche alla massima potenza.

Una versione civile di questa originale M3 con la cilindrata maggiorata fu introdotta sulle strade con il nome aggiuntivo di ‘Sport Evolution’. Era caratterizzata da uno spoiler posteriore a due montanti. La produzione di quest’auto sportiva da 238 CV fu limitata a 600 unità. Una versione del motore due litri utilizzato in Italia fu commercializzata per l’uso quotidiano, denominata 320is. Questa versione erogava 192 CV fu venduta in Italia ed in Portogallo per soddisfare i limiti fiscali di cilindrata validi in questi paesi per tassare le auto di lusso.

Entro la fine del 1991, furono prodotte 17.970 BMW M3 della prima generazione, comprese 786 cabrio. Nessuno aveva previsto questo eccezionale successo, né sulla strada né sui circuiti. Continuare questo successo era una scelta ovvia, con la nuova Serie 3 che era stata già lanciata sul mercato nel 1990.

Il lupo nei panni di una pecora: la seconda generazione della M3 con motore sei cilindri

Questa M3 era una vettura completamente nuova e completamente diversa. Era la fine di un’epoca per un’auto sportiva senza compromessi fatta su misura per essere competitiva nelle gare e che chiedeva audacia e coraggio da parte dei suoi guidatori. Appariva ora sulle strade una coupé elegante e sofisticata con un motore sei cilindri potente eppure raffinato. Il propulsore a quattro valvole per cilindro erogava 210 kW/286 CV, grazie al sistema VANOS di gestione variabile delle valvole. Questa innovazione permetteva di regolare il momento di apertura delle valvole di aspirazione in base alla velocità e al carico del motore. Il vantaggio era che la coppia, la potenza ed i consumi potevano essere ottimizzati simultaneamente. Il nuovo motore M3 era un pioniere tra i motori aspirati e generava una coppia di 320 Nm a 3.600 giri/min. Il sei cilindri sviluppava la stessa potenza del precedente motore M3, con una coppia massima di 230 Nm, disponibile virtualmente dai regimi minimi. Ciò fece dell’M3 un campione del mondo. Nessun altro motore aspirato presentava una potenza specifica così elevata: 97 CV/litro – o una coppia specifica così elevata: 108 Nm/litro. La coupé impiegava 6,0 secondi da zero a 100 km/h e l’accelerazione finiva soltanto alla velocità di 250 km/h, non perché il motore non avesse ancora potenza, ma perché l’elettronica interrompeva l’accelerazione, rispettando un limite volontario fissato da BMW.

Nel frattempo, i consumi DIN erano ad un livello che sarebbe stato buono anche per un’auto di gamma media: la BMW M3 consumava 9,1 litri di benzina super nella formula Euromix. La benzina senza piombo era standard, perché le auto supersportive naturalmente avevano un convertitore catalitico. Gli ingegneri avevano rivisitato la tecnologia del convertitore catalitico appositamente per soddisfare le esigenze del nuovo motore ed avevano sviluppato i sensori “stereo” per l’ossigeno. Ciò permetteva la regolazione separata per gruppi di tre cilindri con un sensore di ossigeno in sistemi di scarico separati. Ciò permetteva al veicolo di soddisfare i limiti specificati per le emissioni, riducendoli nei fatti di più della metà.

Telai e freni: adatti alle prestazioni

Gli aumenti di potenza del motore del nuovo modello richiedeva un adeguamento del telaio e del sistema frenante. Il risultato doveva evidenziare un’atleticità da purosangue insieme ad un’idoneità per l’uso quotidiano; inoltre, doveva soddisfare i requisiti per poter montare pneumatici da 17 pollici. Nonostante l’estrema larghezza degli pneumatici e la sezione da 40, i clienti della BMW M3 si aspettavano un livello accettabile di confort ed una buona stabilità in rettilineo. Un elemento chiave era ancora una volta un assale anteriore con una sospensione ad attacco singolo e con piastre per i molloni e articolazioni rinforzate. L’asse posteriore, guidato centralmente, utilizzato per la prima volta nella BMW Z1, riduceva al minimo il beccheggio in partenza e in frenata. A parte un cambiamento riguardante l’adattamento del braccio longitudinale per la maggiore potenza, anche gli ammortizzatori e le barre di torsione dovevano essere regolati in maniera più rigida. Questi cambiamenti si riflettevano nell’altezza della carrozzeria. La BMW M3 era esattamente 31 mm più bassa di una BMW Serie 3 Coupé. I valori relativi all’accelerazione laterale dimostravano anche quanto bene tutti i componenti del telaio fossero sintonizzati. In circostanze normali, il limite di aderenza veniva raggiunto con un’accelerazione laterale di 0,8 g – cioè, 0,8 volte l’accelerazione gravitazionale della terra. Il telaio della BMW M3 fu sottoposto alle stesse severe prove sul Nürburgring come era avvenuto per il precedente modello ed il lavoro del nuovo telaio della BMW M3 risultò addirittura di 1 g.

Quando ci si trova di fronte a grandi potenze, bisogna saperle tenere sotto controllo. Il nuovo modello fu quindi dotato di un sistema frenante particolarmente potente, con dischi anteriori e posteriori generosamente dimensionati, ventilati e dotati di pinze oscillanti. A quel punto, i sistemi ABS venivano già installati di serie su tutte le auto BMW e l’ABS per l’M3 si adattava perfettamente alle prestazioni della potente coupé sportiva. Il risultato fu che la nuova BMW M3 decelerava dalle alte velocità con maggiore efficacia rispetto al modello precedente, che a sua volta aveva definito i benchmark in questo settore. Alla velocità di 100 km/h, la vettura richiedeva soltanto 2,8 secondi, o 35 metri, per fermarsi. Arrestar l’auto da 200 km/h era possibile in meno di 6,0 secondi.

Gli specchietti rappresenteranno l’elemento caratterizzante

 

La nuova M3 presentava una sagoma molto discreta, ma per gli appassionati l’auto era inconfondibile. Una presa d’aria grande quanto la tipica griglia a doppio rene BMW si apriva sotto il paraurti anteriore e dietro la griglia era montato un generoso radiatore di raffreddamento dell’olio per coadiuvare la regolazione della temperatura del motore sei cilindri. La BMW M3 era dotata di cerchi esclusivi in lega a raggi doppi sviluppati appositamente e due specchietti esterni di disegno particolare. Il guscio dello specchietto era collegato per mezzo di due supporti a forma di ala per ridurre al minimo la resistenza all’aria. A quell’epoca, questi quattro supporti rappresentavano il massimo dello status symbol per i guidatori di coupé. Dopotutto, essi segnalavano la presenza di una coupé con un prezzo di 80 mila marchi, circa una volta e mezza il prezzo di una 325i Coupé, il modello al vertice della gamma tra quelli di grande produzione.

Eppure la nuova M3 poteva essere molto di più che una sofisticata auto sportiva stradale. La Motorsport GmbH sviluppò in tempi record, a partire dall’aprile 1992, una versione da gara. La nuova M3 sarebbe stata già schierata sulla griglia per la prima gara del Campionato tedesco turismo nell’aprile 1993. I nuovi regolamenti erano stati definiti soltanto all’inizio del 1992.

L’M3 GTR vince la Warsteiner-ADAC GT Cup

Nell’aprile del 1993, la nuova M3 GTR era pronta a partire con la sua appariscente livrea da bandiera a scacchi. Il sei cilindri erogava 325 CV, l’auto pesava 1.300 chilogrammi secondo i regolamenti. Johnny Cecotto e Kris Nissen partirono nella Warsteiner-ADAC GT Cup, che sarebbe poi stata vinta proprio da Cecotto. Tuttavia, quest’avventura doveva chiudere per il momento il capitolo sportivo della M3. Modifiche nei regolamenti non lasciavano alla potente BMW Serie 3 alcuna vera speranza di vittoria.

Naturalmente, l’M3 rimase dalla parte dei vincitori nella sua vita civile. I lettori di “Sport Auto” votarono due volte di seguito l’M3 “Auto dell’anno” come la più agile di tutte le Serie 3, mentre in Francia “Auto Plus” conferì all’M3 addirittura il titolo di “Auto del secolo”. Subito dopo il lancio sul mercato negli Stati Uniti, i giornalisti specializzati della rivista “Automobile” premiarono la nuova stella con il titolo “Auto dell’anno” – la prima auto d’importazione a ricevere questo onore. E tutto ciò nonostante la BMW M3, pur essendo molto ben equipaggiata, doveva accontentarsi di una potenza significativamente ridotta per il mercato americano. Per poter essere certa di rispettare le leggi statunitensi sulle emissioni, gli ingegneri montarono un propulsore della 525i portato a tre litri. Questo motore erogava 244 CV sull’M3, grazie al sistema VANOS, e arrivava alla velocità di 220 km/h. Avrebbe potuto essere più esuberante, ma i regolamenti lo impedirono.

1994: debutto della nuova BMW M3 Cabrio

Sebbene la M3 Coupé fosse bella ed elegante, alcuni clienti avrebbero voluto qualcosa di più. Aumentarono le voci che reclamavano una nuova edizione della M3 Cabrio. Nel frattempo, la sussidiaria di BMW dedicata allo sport motoristico era stata ribattezzata M GmbH e aveva previsto la domanda, spianando la strada per la produzione di un modello cabrio. Nel 1994, fu lanciata la nuova M3 scoperta basata sulla quattro posti Serie 3 Cabrio, dotata di una capote motorizzata e di una innovativa tecnologia di sicurezza. Il sistema BMW di protezione contro il ribaltamento offriva agli occupanti della cabrio una sicurezza del tutto sconosciuta in auto del genere fino ad allora. In abbinamento con la struttura del telaio del parabrezza estremamente rigida, due roll-bar integrati dietro i poggiatesta dei sedili posteriori offrivano protezione per i passeggeri in caso di ribaltamento. Sensori controllavano la posizione del veicolo e rilasciavano il meccanismo di bloccaggio dei roll-bar una volta che i valori limite fossero raggiunti. Un meccanismo di azione a molla, al posto di un dispositivo pirotecnico, li faceva uscire. La nuova arrivata montava un propulsore più potente per assicurare un maggiore piacere di guida. La cabrio pesava circa 80 kg in più, ma questo peso aggiuntivo aveva un effetto marginale sulle prestazioni. Invece di 6,0 secondi, l’M3 scoperta richiedeva esattamente 6,2 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h. La velocità massima era la stessa della coupé: 250 km/h, limitata elettronicamente. Quando cessò la produzione nel 1999, erano state costruite 12.114 unità della sicura e veloce BMW M3 Cabrio.

Nel 1994, BMW fece debuttare anche la berlina quattro porte. Questa vettura permetteva a BMW di andare incontro ai desideri di un gran numero di clienti per una berlina compatta di lusso con i geni di un’auto sportiva ad alte prestazioni. La quattro porte, venduta sotto il marchio M3, era senza dubbio il connubio più riuscito di sportività e utilizzo quotidiano su strada. Questo modello era particolarmente gradito ai clienti che trovavano la cabrio e la coupé troppo sportive. Le caratteristiche di guida della berlina erano le stesse della coupé; la berlina presentava un profilo imponente con le splendide finiture interne standard con elementi in legno e sedili in Nappa. I numeri della produzione parlavano da soli. Fino al 1999, ne furono vendute in questa versione 12.435 unità.

Nella primavera del 1995, BMW M GmbH introdusse una versione piuttosto speciale, lanciando un’edizione strettamente limitata della BMW M3 GT per l’omologazione. Quest’automobile era destinata a gareggiare sulle piste nella Serie IMSA GT negli Stati Uniti. Il fascino di questa vettura era rivolto ai piloti che volevano dalla loro BMW M3 ancora più grinta. La potenza, già di per sé generosa, fu ulteriormente aumentata. La versione speciale poteva essere acquistata soltanto nel colore British Racing Green. Il motore sei cilindri 3,0 litri potenziato, erogava 217 kW/295 CV ed accelerava la BMW M3 GT da 0 a 100 km/h in 5,9 secondi. Anche il design aerodinamico del veicolo fu rivisto e presentava vistosi spoiler anteriori e posteriori. La caratteristica veramente speciale era che l’angolazione dello spoiler anteriore poteva essere regolata dal guidatore. Per quanto riguardava l’equipaggiamento, la BMW M3 GT Coupé era un vero punto di riferimento. Erano compresi di serie due airbag, sedili sportivi in Nappa, nonché finiture interne in fibra di carbonio. Il prezzo del modello speciale  costruito in una serie limitata di 350 unità era di 91 mila marchi.

Incremento di potenza: propulsore più avanzato con cilindrata portata a 3,2 litri e 321 CV

Niente è così perfetto che non si presti ad essere migliorato. Poco dopo l’espansione della gamma M3 con la berlina quattro porte, il 20 luglio 1995 BMW AG annunciò che l’M3 sarebbe diventata ancora più dinamica. Il nuovo modello si distingueva soltanto per i vetri bianchi degli indicatori di direzione, per una presa d’aria nera nello spoiler anteriore e per le ruote dallo stile diverso da quello del coupé.

L’elemento speciale della nuova M3 era il propulsore più avanzato. In primo luogo, la cilindrata era maggiore rispetto a quella precedente, precisamente di 3.201 cc, e rappresentava perciò una buona base per il miglioramento di tutti i dati chiave. La coppia massima aumentò di circa il dieci percento a 350 Nm, mentre il regime di coppia massima massima scese da 3.600 a 3.250 giri/min. Il motore sei cilindri con quattro valvole per ogni cilindro erogava 236 kW/321 CV a 7.400 giri/min. Allo stesso tempo, gli ingegneri preposti allo sviluppo aumentarono il rapporto di compressione da 10,8 a 11,3, migliorando così la potenza ed i consumi.

Tutti questi miglioramenti erano stati facilitati principalmente dalla nuova elettronica del motore che era stata sviluppata congiuntamente da specialisti BMW e ingegneri della M GmbH. Una capacità di elaborazione di 20 milioni di impulsi al secondo consentiva all’MSS 50 di calcolare i dati operativi ottimali come il carico sul pedale dell’accensione, il punto di iniezione e il rilevamento del battito in testa. La centralina controllava il nuovo doppio VANOS e gestiva i sensori adattivi “stereo” dell’ossigeno. E c’era ancora di più. Questo sistema di gestione del motore rappresentava un passo avanti per le successive generazioni di controlli elettronici.

Fasatura variabile doppio VANOS anche per l’albero a camme di comando delle valvole di scarico

Si continuavano ad apportare miglioramenti alla potenza, alla coppia, al regime minimo e al livello di emissioni di sostanze inquinanti della nuova M3, installando la fasatura variabile dell’albero a camme delle valvole di scarico. Ciò permetteva la ricircolazione interna dei gas di scarico, che riduceva in maniera significativa gli ossidi di azoto. Inoltre, il sistema variabile aumentava anche la coppia ai bassi e medi regimi, generava livelli inferiori di gas incombusti durante il regime di minimo come risultato della minore sovrapposizione, aiutando quindi a ridurre ulteriormente i consumi. L’effetto globale era che la nuova M3 consumava 8,7 litri di benzina super nel ciclo Euromix, nonostante una maggiore potenza. Naturalmente, le caratteristiche più eclatanti risultavano dai dati prestazionali della nuova M3. Accelerava da 0 a 100 km/h in appena 5,5 secondi. L’esplosiva curva di prestazione era abbinata ad uno straordinario livello di elasticità. Servivano soltanto 5,7 secondi per passare da 80 km/h a 120 km/h in quarta marcia.

Cambio a sei velocità con overdrive

Il motore della nuova M3 non era il solo componente sottoposto ad una completa revisione. Gli ingegneri della M GmbH lavoravano anche sulla trasmissione e sul telaio. Per esempio, soddisfecero il desiderio di molti clienti M3 di aggiungere un ulteriore rapporto con un nuovo cambio a sei marce. La sesta marcia serviva in realtà da overdrive, riducendo i giri alle alte velocità e minimizzando quindi il rumore ed i consumi.

Il telaio era, ed infatti resta, una dei settori chiave di ogni M3. Gli ingegneri in questo caso lavorarono principalmente sulla sua messa a punto. Gli ammortizzatori e l’escursione delle molle furono completamente rielaborati senza per questo ridurre il confort di marcia. Lo sterzo servoassistito a pignone e cremagliera fu mantenuto nel suo principio di funzionamento, sebbene l’effetto sterzante venisse trasmesso più direttamente al guidatore, dandogli una più precisa sensazione di contatto con la strada rispetto a quanto avveniva precedentemente.

Esclusivo: ‘compound braking’ M

I nuovi freni anteriori presentavano un elemento di spicco molto speciale disponibile altrimenti in questa forma soltanto sull’M5: il ‘compound braking’. Il vantaggio di questo sistema era nel design composto del disco in alluminio e dell’anello esterno di attrito in ghisa. Quest’ultimo era attaccato in maniera flottante alla camera del disco, così che potesse espandersi in frenata senza deformarsi. Questo sistema offriva un’eccellente dissipazione del calore anche alle altissime temperature, con un effetto positivo sulla durata.

Prima mondiale 1997: il primo cambio sequenziale M

Sebbene nel frattempo questa vettura fosse diventata un’auto sportiva puramente stradale, continuava a trarre benefici dagli sviluppi indirizzati alle competizioni. Nel 1997, la M GmbH fu il primo costruttore automobilistico del mondo ad introdurre sul mercato la M3 con il cambio sequenziale M (SMG) ad un prezzo premium. Questa soluzione offriva un cambio senza interruzione dell’erogazione della coppia, con il funzionamento della frizione del tutto automatico. Modello per questa soluzione era la BMW 320i touring, di grande successo. Il guidatore doveva semplicemente tirare brevemente indietro la leva del cambio per passare ai rapporti più alti e spingerla in avanti per scalare le marce. Questo sistema consentiva tempi di cambio estremamente brevi e allo stesso tempo impediva che il guidatore scegliesse il rapporto sbagliato.

Il nuovo cambio univa la facile operazione di una trasmissione automatica alla possibilità di un cambio manuale sportivo e dimostrava un ampio ventaglio di vantaggi in strada. Da una parte, si eliminava il pedale della frizione; mentre, rispetto ad un automatico tradizionale, non c’era nessun convertitore di coppia, con le perdite, i pesi e le inerzie che derivavano da quel principio di funzionamento. Rispetto ad un cambio manuale convenzionale, non c’erano né perdite di prestazioni né compromessi in termini di efficienza derivanti dallo slittamento del convertitore. Più importante ancora, la gioia di cambiare le marce veniva significativamente valorizzata, in quanto l’SMG consentiva cambi manuali rapidissimi anche con il pedale dell’acceleratore a tavoletta. Il guidatore non doveva più concentrarsi sul cambio – le auto ad alte prestazioni in particolare richiedono cambi molto precisi – e poteva invece sfruttare tutte le riserve di potenza della M3 e concentrarsi interamente sulla guida.

Niente più rapporti sbagliati e nessuno slittamento quando si solleva il piede dal pedale dell’acceleratore

Il cambio sequenziale M portava anche molti benefici in termini di sicurezza. In pratica, il guidatore non poteva più scegliere il rapporto sbagliato, perché il sistema accettava soltanto comandi che potevano essere attuati senza incorrere in situazioni di pericolo. Il limite di resistenza della coppia veniva definito automaticamente in modo che, in situazioni critiche, per esempio scalando le marce su strade ghiacciate, l’auto non slittasse in maniera incontrollata.

A parte tutti i miglioramenti per valorizzare la guida sportiva, l’SMG offriva anche un confort maggiore. La frizione automatica facilitava la guida in mezzo al traffico. Un secondo livello di cambio permetteva la guida in modalità E (“Economia”) come se fosse un automatico. Qualora si esigessero prestazioni al massimo, il guidatore non doveva far altro che spingere a fondo l’acceleratore, lasciando che l’SMG cambiasse i rapporti fino alla sesta marcia. Andare fuorigiri durante il cambio richiedeva soltanto 250 millisecondi circa. Per evitare ciò, interveniva il sistema di controllo del motore, regolando la fasatura dell’accensione o sopprimendo un cilindro.

Storia di successi: un’M3 su due dotata di cambio SMG

Il cambio SMG portò l’M3 in nuovi territori del settore automobilistico sportivo – e fu una storia di enorme successo. Ad un iniziale scetticismo seguì un boom: quando terminò la produzione, quasi una M3 su due di questa generazione montava un cambio SMG. Questa eccezionale auto sportiva era diventata campione di vendite. Ben 71.242 esemplari erano usciti dalla linea di produzione di Regensburg. Dal 1992 fino al 1999, era la stella silenziosa nel firmamento dell’ampia gamma BMW costruita in quello stabilimento – in versioni coupé, cabrio e berlina. Il suo concetto fu così apprezzato che altre due versioni si affiancarono all’M3 negli ultimi due anni di produzione. L’M Roadster e l’M Coupé avevano lo stesso motore e la medesima potenza, ma per il resto erano basate essenzialmente sulla Z3 aperta e chiusa.

La terza M3: elevate prestazioni e precisione in un design avvincente

La comunità di appassionati dell’M3 non avrebbe dovuto aspettare a lungo. La successiva M3 lasciò molto spazio alle discussioni quando fu presentata sotto forma di concept car al Salone di Francoforte nel settembre del 1999. Sei mesi più tardi fu presentata in anteprima mondiale al Salone di Ginevra.

La terza M3 era molto potente, larga eppure elegante. Grazie a uno speciale spoiler frontale con fendinebbia integrati e ampie prese d’aria, presentava un profilo significativamente diverso rispetto agli altri modelli della BMW Serie 3. Il cofano motore, realizzato in alluminio, era curvato al centro, formando un cupolino per dare spazio al motore M3.

Il profilo laterale della carrozzeria della M3, comprese le arcate passaruota, aveva subito un allargamento di 20 mm, con prese d’aria e stemma M3 nei pannelli laterali anteriori. Questo aspetto muscoloso era una conseguenza visibile dell’ottimizzazione aerodinamica ed una caratteristica che creava un profilo diverso da quello della Serie 3 Coupé. Esso veniva accompagnato da ruote adeguatamente larghe della misura 225/45 ZR 18 davanti e 255/40 ZR 18 dietro.

L’imponente aspetto di quest’atleta M ad alte prestazioni veniva sottolineato da specchietti esterni M asferici, da finiture delle soglie laterali e da uno spoiler posteriore ottimizzato aerodinamicamente. Qualsiasi guidatore che ancora non si rendeva conto di quale auto l’avesse superato non avrebbe avuto più dubbi che si trattava di una vettura M una volta visti i quattro terminali di scarico del sistema a doppia camera.

Sedili sportivi sviluppati in fabbrica con eccezionali caratteristiche ergonomiche fornivano un insieme di supporto laterale e di capacità illimitata per viaggiare su lunghe distanze. Oltre a diverse opzioni di regolazioni elettriche in tutte le direzioni, veniva fornita in opzione anche la regolazione della larghezza della seduta.

Nuovo sei cilindri con più potenza e più coppia

 

Non ci si aspettava niente di meno. Il cuore della nuova M3 era di nuovo un motore sei cilindri in linea – il classico propulsore BMW. Come il suo predecessore, questo motore completamente nuovo offriva molta coppia e ancora più potenza: tutto questo con consumi di benzina e valori di emissioni relativamente inferiori.

Il motore M3 erogava la notevole potenza di 343 CV (252 kW) con una cilindrata di esattamente 3.246 cc ad un regime di 7.900 giri/min. La coppia massima raggiungeva i 365 Nm a 4.900 giri/min. Tutto ciò portava ad una potenza specifica di 105 CV/litro, un valore che era stato raggiunto soltanto da poche auto sportive ad alte prestazioni senza turbocompressore.

I punti salienti del motore comprendevano una testata cilindri ottimizzata per quanto riguarda l’attrito, con  rulli delle camme per la fasatura delle valvole. Il doppio VANOS per la fasatura variabile, conosciuto negli altri modelli M, era stato ulteriormente ottimizzato. Il controllo elettronico della valvola a farfalla aveva il compito di azionare le sei singole farfalle. Esso comunicava direttamente con la centralina di controllo MSS 54 sviluppata appositamente per l’M3. Questo sistema multiprocessore aveva due microcontroller a 32 bit,  due coprocessori di fasatura, nonché una potenza di 25 milioni di calcoli al secondo.

Tuttavia, l’obiettivo principale nello sviluppo del nuovo motore M3 non era legato semplicemente alla produzione di coppia ad ogni costo. L’obiettivo principale era quello di generare spinta come indicazione della gestione ottimale della potenziale potenza disponibile. La spinta si basava principalmente sull’eccezionale coppia di questo motore, unita ad un rapporto finale relativamente corto. La potenza disponibile poteva essere convertita in accelerazione in modo molto più efficiente rispetto a quello di motori che giravano a velocità inferiori. E ciò valeva per l’intero ventaglio di regimi. Inoltre, il flusso dell’olio controllato dalla forza radiale garantiva una lubrificazione ed un raffreddamento affidabili per il motore in percorrenza di curva e nelle frenate brusche.

Qualche dato in più dà un’idea delle prestazioni atletiche. L’M3 accelerava da zero a 100 km/h in appena 5,2 secondi e servivano soltanto 5,4 secondi per passare da 80 a 120 km/h in quarta marcia. Un interruttore speciale, il controllo dinamico di marcia M, permetteva ai guidatori anche di scegliere tra risposte di motore sportive e “high-comfort”.

Prima mondiale sulla M3: bloccaggio variabile del differenziale M

Questa curva di prestazioni sofisticata ma potente poteva essere facilmente trasferita sulla strada con il cambio manuale a sei marce. Il bloccaggio variabile del differenziale M veniva usato per la prima volta nella M3 per fornire un supporto efficace.

Il bloccaggio del differenziale può distribuire livelli diversi di forza motrice alle singole ruote motrici posteriori, a seconda di quale ruota dispone al momento della migliore trazione. La caratteristica speciale del bloccaggio variabile del differenziale M era che registrava le diverse velocità di rotazione invece della differente coppia delle ruote posteriori destra e sinistra come nei sistemi convenzionali. La differenza delle velocità di rotazione veniva compensata dal sistema di bloccaggio limitato che conteneva un olio viscosa in modo da assicurare un’adeguata spinta in avanti. Questo sistema offriva un effetto di bloccaggio dallo 0 al 100 percento. Ciò portava al guidatore dell’M3 un tangibile vantaggio quando doveva uscire da difficili situazioni e durante la guida sportiva sul misto.

Il telaio sportivo M della M3 fu messo alla prova molte volte durante competizioni internazionali e fu sottoposto ad ulteriori sviluppi. Il telaio assicurava una tenuta di strada eccezionale e questa automobile doveva anche difendere la sua fama di “Best Handling Car”. Gli ingegneri della BMW M misero in atto molte idee per far sì che la vettura fosse in grado di affrontare al limite qualsiasi genere di manovra: un elevato livello di rigidità e riduzione delle masse non sospese, insieme ad una immediatezza delle prestazioni senza rivali in questa classe. Tanta potenza necessitava di un’eccellente forza frenante. Per questo motivo l’M3 fu dotato di un impianto frenante robusto e ad alte prestazioni con freni compositi flottanti e dischi perforati.

Una rivelazione: l’M3 Cabrio

La nuova M3 Coupé era appena stata lanciata con successo quando una seconda attraente versione si faceva notare: nella primavera del 2001 fu lanciata la nuova M3 Cabrio, una quattro posti premium, sportiva e scoperta. Sebbene quest’auto fosse identica alla M3 Coupé fino al montante “A”, risultava una vettura assolutamente diversa. La particolare linea di cintura ed il carattere di una cabrio la resero anche più larga e più potente e l’impressione che si aveva della M3 Cabrio era più muscolare, piatta e larga.

Naturalmente, tutte le caratteristiche tipiche della M furono integrate nella M3 Cabrio, come un potente motore aspirato da 252 kW/343 CV ad elevati regimi di rotazione, un telaio M perfettamente messo a punto, il differenziale M, i freni M ad alte prestazioni ed elementi indipendenti di design tipicamente M con la consueta qualità della Serie 3 Cabrio. Altre caratteristiche erano costituite da sedili sportivi con regolazione elettrica e sistema integrato di cinture di sicurezza, nonché un alloggiamento per la capote ed un elevato livello di sicurezza raggiunto grazie alla massima rigidità della carrozzeria ed a un sistema di protezione contro i ribaltamenti di serie.

L’atmosfera interna era ancora più lussuosa rispetto al modello precedente, che già aveva ottenuto un notevole successo in un mercato di nicchia. E la M3 Cabrio, con la sua velocità massima di 250 km/h, aveva una notevole potenza. Impiegava appena 5,5 secondi per scattare da zero a 100 km/h e 5,9 secondi per riprendere da 80 a 120 km/h in quarta marcia. Il consumo medio si fermava a 12,1 litri/100 km.

L’M3 GTR per le gare in USA: la più potente M3 di sempre

Nel frattempo, un’M3 piuttosto diversa stava facendo scalpore negli Stati Uniti. Nel 2001, si abbassò la prima bandiera a scacchi sulla nuova BMW M3 GTR con motore V8 da 450 CV. La più potente M3 in assoluto stabiliva così un nuovo benchmark nella classe GT della Le Mans Series americana (ALMS) con il suo motore quattro litri e con quattro vetture iscritte al campionato. Il Team BMW Motorsport iscrisse due auto sotto la gestione di Charly Lamm, mentre il Team americano BMW PTG, diretto da Tom Milner, di origine tedesca, ne iscrisse altre due. La coupé ottenne sette vittorie in dieci gare, con sei pole position. Il pilota ufficiale Jörg Müller vinse il Campionato piloti nella classe GT, BMW Motorsport colse la vittoria nella classifica a squadre, mentre BMW vinse il Campionato costruttori nel più importante mercato di esportazione dell’azienda.

A partire dal febbraio 2002, la versione stradale di questa sportiva purosangue, depotenziata da 330 kW/450 CV a 258 kW/350 CV, poteva anche essere acquistata al prezzo di circa 250 mila euro. L’ingegnerizzazione della versione stradale era strettamente basata su quella dell’auto da corsa. Un motore V8 ad alte prestazioni, dotato di pompa a secco, beneficiava di un ulteriore raffreddamento, grazie a prese d’aria supplementari sul cofano. L’auto era dotata anche di un cambio manuale a sei velocità, insieme ad una frizione a doppio disco come quella usata nella versione da gara. Il tetto, l’ala posteriore e gli spoiler anteriore e posteriore erano realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio per risparmiare peso.

Seconda generazione del cambio sequenziale M: arrivano le palette dietro
al volante

L’avanzato sviluppo del progetto M3 non era per niente finito. Il successivo elemento di spicco seguì dopo pochi mesi, con la stessa dinamicità propria di queste auto: il cambio sequenziale M (SMG) che aveva portato alla quasi perfezione la seconda generazione dell’M3. Le levette al volante attivavano l’SMG per cambiare marcia con grande rapidità. Il guidatore poteva tenere premuto l’acceleratore mentre cambiava.  L’elettronica interrompeva la potenza del motore per pochi millisecondi, la centralina cambiava marcia e chiudeva e riapriva la frizione mediante un sistema idraulico automatico. Questa seconda generazione del cambio SMG forniva grandi prestazioni grazie ad interruzioni della potenza ancora più brevi: la velocità massima di cambiata era di appena 80 millisecondi. Virtualmente, nessuno pilota avrebbe potuto cambiare marcia in maniera tanta rapida usando un cambio manuale. Il sistema Drivelogic offriva ai guidatori della M3 anche l’opzione di cambio marcia manuale sequenziale con sei diversi programmi per soddisfare i diversi stili di guida – da cambio dinamico equilibrato a quello decisamente sportivo. Inoltre, il programma S6 poteva essere selezionato se il sistema DSC (controllo dinamico della stabilità), fornito di serie sull’M3, veniva disinserito. L’SMG, allora, cambiava marcia con tempi simili a quelli di un’auto da corsa.

M3 CSL: auto al 110 percento

Nel 2003, BMW lanciò sul mercato la versione di serie di una concept car, che aveva già fatto scalpore nel 2001 in occasione del Salone dell’auto di Francoforte: la BMW M3 CSL. Le iniziali stavano per Coupé, Sport e Lightweight: una tradizione BMW che risaliva agli anni Trenta, quando nacque la leggendaria BMW 328 Mille Miglia Touring Coupé. Lo scopo del progetto di questo veicolo non fu un dimagrimento radicale consistente nell’eliminazione di singoli componenti, ma un’intelligente riduzione dei pesi utilizzando, nei punti giusti, i materiali più idonei. Gli esperti riuscirono ad alleggerire la BMW M3 di oltre 110 chilogrammi, così che la versione CSL potesse pesare appena 1.385 chilogrammi. Anche il motore fu rivisto e, in questa versione, portato a sviluppare 256 kW/360 CV. Ciò portò ad un rapporto peso/potenza di appena 3,85 kg per cavallo – un valore sensazionale che conferiva alla BMW M3 CSL ancora maggiore agilità rispetto alla BMW M3 di serie. La classica accelerazione da zero a 100 km/h richiedeva appena 4,9 secondi, mentre l’accelerazione da zero a 200 km/h avveniva in soltanto 16,8 secondi. La velocità massima, limitata elettronicamente, era di 250 km/h.

Track Mode M

Il ‘Track Mode M’ rappresentava una chicca speciale per piloti con aspirazioni corsaiole. Questa funzione del DSC (controllo dinamico della stabilità) era elaborata su misura per la guida in pista e doveva essere attivata volontariamente dal guidatore, premendo un pulsante sul volante. Il sistema interveniva soltanto quando l’automobile veniva guidata al limite. In tal modo, il Track Mode M permetteva ad ambiziosi piloti non professionisti di affrontare le curve al limite in tutta sicurezza.

Materiali innovativi nel punto giusto

La costruzione leggera intelligente della M3 CSL creava un effetto particolarmente significativo con il tetto realizzato in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CRP) per dare un avvincente profilo visivo. Questo grande componente era costruito da specialisti nello stabilimento BMW di Landshut. Non era soltanto più leggero di sei chilogrammi rispetto al tetto convenzionale, ma la sua posizione elevata riduceva anche il baricentro della vettura. Gli ingegneri della BMW M sottoposero quasi ogni componente dell’M3 ad un test di peso e integrarono ognuno di essi usando i materiali più idonei per raggiungere lo scopo. Furono usate materie plastiche rinforzate con fibra di vetro provenienti dall’industria aerospaziale, per esempio il composito termoplastico per la struttura del vano di carico e del fissaggio per il paraurti posteriore, o il pannello a nido d’ape per il fondo del bagagliaio. Come l’M3, anche l’M3 CSL aveva un cofano del vano motore in alluminio, mentre il lunotto posteriore era in vetro molto sottile.

2004 e 2005: la M3 GTR domina al Nürburgring

Undici anni dopo la vittoria della prima BMW M3 GTR in Europa, la nuova generazione M3 GTR si schierava nuovamente in pista nel 2009. Due di queste auto da corsa con motore otto cilindri si allinearono sulla griglia di partenza per La 24 Ore di Spa-Francorchamps (Belgio) e al Nürburgring. Il risultato fu una vittoria di classe in Belgio e due doppiette sul leggendario circuito tedesco dell’Eifel.

Concept Car 2007: il saluto della nuova M3

Sette anni dopo l’inizio delle vendite, la M3 non era diventata affatto un’auto vecchia, ma nel panorama sportivo in rapida evoluzione cominciava pur sempre a sentire la sua età. In occasione del 77° Salone dell’Auto di Ginevra, BMW indicò la strada da seguire per il futuro. La concept car presentata al pubblico per la prima volta nella primavera del 2007 dava l’impressione di come sarebbe potuta essere una futura BMW M3. Il design di base della BMW M3 Concept Car seguiva linee tradizionali ed era basata sull’attuale BMW Serie 3 Coupé. Tuttavia, soltanto alcuni componenti erano stati trasferiti direttamente dal modello di serie. Essi comprendevano i proiettori e le luci posteriori, nonché le due porte e il cofano del bagagliaio come unici elementi della carrozzeria. Il coperchio del vano motore, in alluminio, presentava ancora una volta una grande protuberanza. Con le prese d’aria posizionate sui fianchi, essa indicava l’elevato potenziale che ci si doveva aspettare dal motore di una BMW M3. Inoltre, questi elementi annunciavano una novità. L’M3 Concept era spinta da un motore otto cilindri piuttosto che da uno a sei cilindri. Fin dall’inizio, era un segreto a tutti noto che un motore di questa natura era stato concepito anche per la successiva auto di serie.

Novità della quarta generazione della BMW M3:

motore otto cilindri da 420 CV

La quarta generazione della BMW M3 fece il suo vero debutto alcuni mesi più tardi e comprendeva tutto ciò che era stato promesso dalla concept car. A parte alcuni componenti, la veloce coupé era un veicolo completamente riprogettato. Il nuovo propulsore era un imponente V8 per garantire eccezionali prestazioni e una sportività dinamica. Il nuovo motore erogava una potenza di 309 kW/420 CV con una cilindrata di 3.999 cc ed una coppia massima di 400 Nm. Di conseguenza, la nuova BMW M3 garantiva prestazioni eccezionali. Accelerava da zero a 100 km/h in appena 4,8 secondi, raggiungendo la velocità massima di 250 km/h, limitata elettronicamente.

L’otto cilindri doveva la sua caratteristica di maggiore spicco alla potenza specifica, tipica della BMW M. Il V8 raggiungeva il regime massimo a 8.400 giri/min. Chiunque avesse usato il pedale dell’acceleratore avrebbe sperimentato la gioia di una spinta impressionante. Allo stesso tempo, i consumi del nuovo V8 ad alte prestazioni erano quasi modesti, con una media di 12,4 litri/100 km.

Questo valore favorevole era dovuto in gran parte alla gestione intelligente dell’energia. La rigenerazione dell’energia frenante contribuiva ulteriormente all’efficienza del propulsore. La generazione di elettricità per i servizi di bordo si concentrava sulle fasi di rilascio e di frenata, mentre durante le fasi di trazione, la dinamo era generalmente scollegata. A parte la generazione di elettricità particolarmente efficiente, questa procedura portava anche alla maggiore disponibilità di spinta per l’accelerazione.

Il telaio leggero permette l’attuazione ottimale delle prestazioni superiori
del motore

Il telaio della nuova BMW M3 fu creato sulla base delle sospensioni della BMW Serie 3 Coupé, sebbene quasi tutti i componenti fossero stati riprogettati. A parte l’armonizzazione con le forze motrici significativamente maggiori, l’obiettivo complessivo era di ridurre di molto il peso. L’avantreno fu progettato con doppi bracci e virtualmente tutti i suoi componenti realizzati in alluminio. Anche la sospensione posteriore a cinque bracci presentava una costruzione leggera e fu completamente riprogettata a parte un braccetto, in quest’ultimo caso con un risparmio di peso di 2,5 chilogrammi. Gli ingegneri della BMW M GmbH riuscirono a risparmiare altro peso nel sistema frenante ad alte prestazioni con dischi compositi. Il nuovo differenziale posteriore della BMW M3 fu dotato del bloccaggio variabile M, che poteva fornire fino al 100 percento di bloccaggio e quindi assicurare trazione ottimale anche in situazioni molto impegnative. Il telaio leggero era coadiuvato dal sistema di sterzo Servotronic, da un sistema frenante ad alte prestazioni con dischi ventilati e con il DCS (sistema di controllo dinamico della stabilità) gestito elettronicamente. La nuova BMW M3 aveva anche l’opzione del controllo elettronico degli ammortizzatori (EDC).

L’elettronica permette l’armonizzazione con stili individuali di guida

Mentre il telaio di nuovo sviluppo della BMW M3 offriva ai guidatori ambiziosi una piattaforma eccezionale, l’automobilista particolarmente sportivo poteva utilizzare i controlli elettronici per armonizzare la coupé con ancora più precisione al proprio stile di guida. Per esempio, il controllo dinamico della stabilità poteva essere immediatamente disattivato. Il concetto di controllo iDrive poteva anche essere usato per preselezionare il livello del supporto alla sterzata Servotronic. Il controllo elettronico degli ammortizzatori, opzionale, permetteva di regolare e ottimizzare l’escursione e la resistenza degli ammortizzatori in curva e durante accelerazioni e frenate, migliorando ulteriormente il comportamento dinamico. Questo sistema presentava tre possibilità di selezione premendo un solo pulsante. Tre mappature di controllo dell’iniezione erano disponibili per la gestione del motore e queste modificavano in maniera significativa la risposta del motore.

Esclusivo nel suo segmento: il tetto in fibra di carbonio

Il tetto era l’immagine stessa della tecnologia avanzata portata nella nuova BMW M3. Questo componente della carrozzeria era realizzato in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CRP). L’aspetto interessante era nel fatto che la struttura delle fibre del materiale restava visibile, coperta soltanto da una vernice trasparente. A parte l’aspetto esclusivo, l’attributo principale del tetto in CRP forniva un decisivo vantaggio tecnico. Pesava notevolmente meno di un tetto in acciaio. Ciò non solo riduceva il peso totale del veicolo, ma questo risparmio in peso nel punto più alto della carrozzeria ne abbassava significativamente il baricentro, ottimizzando quindi le prestazioni in curva.

Debutto con fuochi di artificio: la berlina e la cabrio seguirono dopo pochi mesi

Nel giro di otto mesi, BMW scatenò veri fuochi di artificio M3. Nell’autunno del 2007, la berlina cinque posti si affiancò sulla linea di produzione alla coupé quattro posti. Appena in tempo per la bella stagione 2008, seguì l’M3 Cabrio. Ciò avveniva ad un solo anno dalla prima mondiale della concept car al Salone dell’Auto di Ginevra. La conseguenza fu che nell’esercizio 2008 BMW M GmbH ottenne il suo secondo migliore risultato nei trent’anni della storia dell’azienda. La BMW M3 in particolare era il volano per questo sviluppo positivo. Nel primo anno intero di produzione, furono vendute in tutto il mondo quasi 18.000 unità dell’M3. Un gran numero di premi e di test riusciti dettero ai clienti la conferma di aver comprato la macchina giusta. Come il suo predecessore a sei cilindri, il motore V8 montato nell’M3 guadagnò diverse volte il prestigioso titolo di “International Engine of the Year” e l’auto fu ripetutamente votata “Sportiest Saloon of the Year”.

Disponibile dal 2008: M DKG con Drivelogic

BMW M GmbH presentò nel 2008 il primo cambio M a doppia frizione Drivelogic progettato per motori ad alta velocità. Esso consentiva il cambio di marcia senza interruzione di potenza e di trazione, mentre sette rapporti offrivano incrementi ottimali per accelerazioni particolarmente dinamiche. Il nuovo cambio M a doppia frizione con sistema Drivelogic rappresentava la quarta generazione, continuamente migliorata, del cambio manuale robotizzato in una configurazione specifica M. Esso veniva fornito con i modelli BMW M3 Coupé, BMW M3 Berlina e BMW M3 Cabrio.

Ritorno trionfale: l’M3 di nuovo sulle piste

Nel frattempo, la nuova M3 riparte anche nelle competizioni. Il Direttore di BMW Motorsport Mario Theissen commentava così l’iniziativa: “La sportività è senza dubbio nei geni del modello di serie della BMW M3. È ciò che ci ha motivato a sviluppare una versione da gara di questa vettura”. Come una M3 GT4 quasi di serie, essa permette a piloti privati di vincere le gare e, come l’M3 GT2 con la capacità di coprire lunghe distanze, essa viene usata per competere come vettura ufficiale. Nel maggio del 2010, la nuova versione  per le lunghe distanze da 500 CV ha vinto la maratona di 24 ore del Nürburging al suo primo tentativo. La M GmbH ha lanciato l’M3 GTS praticamente nello stesso momento. La coupé è indirizzata a scuderie sportive ed è spinta da un motore V8 con maggiore cilindrata e potenza. Essa è dotata anche di una preparazione specifica del cambio a sette marce M DKG Drivelogic e di una tecnologia del telaio modificata, insieme a miglioramenti strategici sia aerodinamici sia per quanto riguarda l’alleggerimento. Il motore otto cilindri dell’M3 GTS è stato portato a 4.361 cc ed eroga 331 kW/450 CV; grazie ad un rapporto peso/potenza di soli 3,4 chilogrammi/cavallo, esso spinge con la massima disinvoltura la coupé. La BMW M3 GTS è dotata di una configurazione di cambio e telaio ottimizzata per le piste e accelera da zero a 100 km/h in appena 4,4 secondi. Lo sprint sui 1.000 metri viene percorso da fermo in soltanto 22,5 secondi, mentre la velocità massima è di 305 km/h.

I numeri sono cambiati. Ma l’idea M3 resta la stessa anche dopo 25 anni.

Categorie: Curiosità

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